Miseno

Miseno

Il sito è identificato dalle fonti antiche come il luogo in cui perde la vita Miseno, il mitico trombettiere che accompagna Enea ed annega in quelle acque, trovando poi sepoltura in quel promontorio che rassomiglia ad un tumulo, determinandone il toponimo.

Fino all’età romana Miseno fece parte del territorio di Cuma, rappresentandone l’anello fondamentale del sistema di controllo esercitato dalla città nel Golfo di Napoli, tanto da avere un ruolo determinante per la vittoria di Cuma contro gli Etruschi nella battaglia navale del 474 a.C.

Continua a svolgere un ruolo importante come approdo cumano almeno fino alla fine del III sec. a.C. tanto che, per la sua favorevole posizione, fu interessata dalle devastazioni dell’ager campanus, condotte da Annibale durante la Seconda Guerra Punica.

Dalla fine del II e per tutto il I sec. a.C., alla vocazione portuale difensiva di Miseno si affiancò uno spiccato carattere residenziale, determinato dalle sontuose dimore di personaggi politici romani che andarono popolando le sue coste. Fra queste la villa di Licinio Lucullo poi passata al demanio imperiale che, secondo Tacito, fu la dimora che ospitò gli ultimi giorni dell’Imperatore Tiberio.

Agli inizi del I secolo la città ritornò alla sua antica vocazione portuale, quando fu scelta da Augusto intorno al 10 d.C. come sede della flotta romana del Tirreno – da qui denominata  Classis Misenensis - che fino a quel momento era stanziata presso il Portus Iulius di Pozzuoli. Il litorale di Miseno, come già il Lucrino, consentiva di realizzare un porto a doppio bacino collegando la costa, che ospitava il vero e proprio porto, mediante un ponte di legno al retrostante lago cd Maremorto, destinato ad attività di rimessaggio. In funzione delle esigenze della flotta fu dedotta una colonia militare che conferisce all’insediamento di Miseno autonomia amministrativa; con la trasformazione in municipium ed iscrizione alla tribù Claudia, e solo nel III sec. d.C. in colonia, fu sottratto al potere di Cuma il territorio compreso tra il Mons Miseni ed il Promontorium Miseni, oggi identificabili rispettivamente in Capo Miseno e Monte di Procida. Augusto

Se Augusto aveva proposto alla difesa di Roma due flotte militari, era quella di Miseno a diretto servizio della corte imperiale, sia per la vicinanza alla capitale che per la presenza dello stesso imperatore nell’area flegrea. Ma fu solo all’inizio del II sec. che fu sottolineato questo stretto legame, quando la Classis Misenensis divenne Classis Praetoria Misenensis, ovvero al comando diretto dell’imperatore, riconoscimento che accrebbe ’importanza militare di Miseno. Ma già alla fine del IV sec. d.C., con la caduta dell’Impero Romano, la moltiplicazione e il decentramento delle basi militari, inizia il periodo di decadenza del sito, che nel VI sec. d.C., a seguito del trasferimento della flotta militare a Ravenna ad opera di Teodorico, si riduce ad un piccolo borgo. Con l’invasione dei Saraceni nell’846 d.C. Miseno e il suo piccolo borgo vengono distrutti.

La forte stratificazione urbanistica e l’abusivismo edilizio degli ultimi quarant’anni hanno determinato la perdita di molte evidenze archeologiche che dovevano essere su quella striscia di terra fra la spiaggia di Miliscola e il Porto. Dalle prime indagini topografiche della fine dell’ottocento, passando attraverso qualche scavo fortuito e occasionale, fino alle ultime sistematiche indagini in anni recenti la conoscenza della topografia di Miseno è limitata alla localizzazione dell’area occupata dal Foro, della necropoli e di pochi elementi relativi a costruzione a carattere residenziale. Non restano tracce dell’insediamento militare a cui tuttavia si deve l’imperitura notorietà di Miseno. Sono note le lettere in cui Plinio il Giovane racconta a Tacito la morte dello zio Plinio per tramandarla ai posteri. Plinio il Vecchio era al comando diretto della Classe militare di Miseno, quando nel 79 d.C. proprio dalle acque di Miseno, spinto anche dalla curiosità dello straordinario fenomeno naturale, salpò su una liburna per recarsi sull’opposta costa vesuviana e prestare soccorso alle popolazioni locali, morendo egli stesso a Stabia.

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