Tempio di Serapide

Macellum / Tempio di Serapide

Il Tempio di Serapide è uno dei monumenti più noti e rappresentativi dei Campi Flegrei: si trova nella zona più vitale del centro di Pozzuoli, a pochi passi dalle banchine del porto. Verso la metà del ‘700 il re Carlo di Borbone, incuriosito da grandi colonne di marmo cipollino che affioravano da un fondo noto come “Vigna delle tre colonne”, (Antonio Niccolini, ”Descrizione della gran Terma Puteolana, volgarmente detta Tempo di Serapide”, Stamperia Reale Napoli 1846), ne ordinò uno scavo archeologico e, al di sotto di molti metri di residui marini, fu dissotterrato il cd Tempio di Serapide, che, nel corso dei secoli, è diventato il simbolo del bradisismo flegreo. Numerose, infatti, sono le immagini che lo ritraggono ora semi-sommerso dal livello del mare, ora completamente all’asciutto. Il monumento deve il suo nome al rinvenimento di una statua del dio egizio Serapide, attualmente esposta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (un calco in gesso si trova presso Il Museo Archeologico dei Campi Flegrei, Sala Pozzuoli), che lo ritrae seduto in trono come giudice dei morti col capo coperto da un canestro di vimini e canne (calathos) simbolo di fertilità, mentre tende la mano al cane Cerbero. Sull’onda del clamore per i ritrovamenti a Ercolano e a Pompei, la scoperta puteolana fece ipotizzare la presenza di un Serapeion., menzionato nella lex parieti faciendo, ma non si tratta di un tempio, bensì del mercato pubblico dei commestibili della città romana, ovvero il macellum, forse creato sul modello del macellum magnum eretto a Roma per volontà dell’imperatore Nerone.

Il monumento, dalle imponenti dimensioni (58 x 75 m), è costituito da un cortile quadrangolare scoperto, pavimentato con lastre di marmo proconnesio, circondato su tutti i lati da portici – certamente a due piani almeno sui lati lunghi - con colonne in granito grigio alte 6,11 m e del diametro di 80 cm e capitelli corinzi ornati da soggetti marini (conchiglie che contengono delfini), che inneggiano simbolicamente allo splendore della città dovuto al commercio marittimo. All’edificio si accedeva dal versante che prospettava al mare, in asse con una grande aula absidata sul lato opposto. Nell’aula, inquadrata da colonne in marmo cipollino dell’Eubea alte 14 m e con pavimento in opus sectile di marmi policromi, si aprivano tre nicchie, destinate al culto imperiale e agli dei protettori del mercato (genius macelli), tra i quali i gruppi con Oreste ed Elettra, Dioniso e il Fauno, attualmente esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli., e  il dio Serapide, in ragione della copiosa colonia di Alessandrini attestata a Puteoli. Al centro del cortile svetta una tholos (diametro di circa 18 m), struttura a pianta circolare in laterizio, sollevata di più di un metro dal piano pavimentale e circondata da 16 colonne corinzie in marmo rosa africano di oltre cinque metri, con al centro una fontana ottagonale. In origine, la fontana era coronata da un architrave istoriato che, insieme con altri pregiati elementi architettonici, fu riutilizzato dai Borbone per addobbare la Reggia di Caserta. Il collegamento con il piano esterno era garantito da quattro scalinate, tutte inquadrate da parapetti a foggia di delfino o mostri marini. Il portico esterno introduceva a una serrata serie di tabernae, le botteghe del mercato: sei sul lato dell’ingresso, quattro sul lato dell’aula absidata e undici per ognuno dei lati lunghi, disposte ad aperture alternate verso l’interno e l’esterno. Le botteghe che davano sull’esterno erano intonacate e dipinte, quelle invece sulla corte erano incrostate da marmi colorati. Due ampie latrine, collocate agli angoli del lato di fondo e dotate di impianti di scarico, testimoniano l’ampia frequentazione del complesso in età antica. Questi ambienti di servizio sorprendono per lo sfarzo dei rivestimenti pavimentali e degli arredi scultorei in marmo, tali da far pensare al momento della scoperta che si trattasse aule termali pubbliche.

La ricchezza del macellum era dovuta non soltanto alla decorazione architettonica e ai rivestimenti parietali e pavimentali, ma anche alla decorazione scultorea: intorno alla tholos, fra gli intercolumni e lungo gli assi delle colonne, vi erano basi di statue onorarie e puteali di marmo.

La datazione del complesso risale all’età tardo-flavia (II sec. d.C.), vista l’iscrizione dedicatoria rinvenuta parzialmente, anche se dubbi permangono sul tipo di finanziamento, pubblico o privato, per la realizzazione dell’opera.  Per l’aula con abside e per la tholos si è recentemente  evidenziata una ristrutturazione in età severiana, per la presenza di una fistula  (conduttura idrica in piombo) con iscritto il nome di Settimio Severo.  Studi più recenti  hanno poi sottolineato la posteriorità, rispetto al progetto originario,  della tholos, inquadrabile nel III sec. d.C., successivamente ad altri interventi di restauro degli elementi della prima fase.

Nel loro insieme, i resti murari e gli elementi architettonici, riccamente resi attraverso un abbondante uso del marmo, testimoniano da un lato la ricchezza della città e dei suoi traffici, dall’altro l’attualità del fenomeno del bradisismo: le monumentali colonne monolitiche in cipollino, sempre visibili attraverso il tempo,  visti i loro 40 piedi romani di altezza, sono stati anche lo strumento di misurazione della variazione del livello del mare, attraverso l’osservazione dei litodomi (molluschi marini), che ne hanno intaccato la metà inferiore. Questi, analizzati attraverso indagini radiometriche sui gusci conservati all’interno delle cavità create nel marmo, testimoniano lo sviluppo del fenomeno a partire dalla fine del IV sec. d.C., periodo che coincise con l’abbandono del monumento  che, nel secolo successivo, parzialmente interrato, lasciò il posto a  una piccola necropoli, e con la generale decadenza dello scalo commerciale.

Nonostante lo stato di degrado al quale fu confinato dopo i fasti dell’età romana, il macellum catalizzò l’attenzione di studiosi anche stranieri, per il monitoraggio del fenomeno vulcanico tipicamente flegreo, come Chales Babbage e Charles Lyell, per il quale, post mortem, fu istituito l’omonimo premio attualmente testimoniato da una medaglia col simbolo del cd. Tempio di Serapide . Il macellum fu anche meta di viaggi romantici sulle tappe del Grand Tour: Carlo di Borbone, alla metà del’700 fece allestire in prossimità del sito un lapidarium, il primo in area flegrea,  “a uso e diletto dei curiosi forestieri”.

 

COME ARRIVARE
In auto: Tangenziale di Napoli - uscita Pozzuoli/Arco Felice direzione Pozzuoli.
Trasporti pubblici
da Napoli Montesanto Linea EAV Ferrovia Cumana (stazione Pozzuoli).

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