Necropoli San Vito

Necropoli di San Vito

        Uno dei fattori che ha consentito alla colonia di Puteoli di diventare il porto di Roma,  è stata anche la facilità di collegamento con l’Urbe, attraverso la via Consularis Puteolis-Capuam, antica strada romana e importantissima arteria di collegamento tra l’antica Puteoli, Capua e Roma, tramite la quale il grano proveniente dall’Egitto e tutti i prodotti, soprattutto suntuari, dal bacino del Mediterraneo, ormai sotto la dominazione di Roma, raggiungevano Capua e, attraverso l’entroterra, la stessa Roma.

       La connotazione archeologica della via Campana è ancora oggi immediatamente percepibile, oltre che per il suo tracciato basolato, in alcuni tratti ancora conservato, anche grazie ai numerosi, imponenti complessi archeologici da sempre conservati in elevato, che fiancheggiano il tracciato stradale e che consistono soprattutto in necropoli monumentali, alternate a tabernae, ville residenziali, mausolei e nuclei isolati di sepolture.

          I nuclei monumentali a carattere funerario, individuati e solo parzialmente esplorati dal grande archeologo A. Maiuri negli anni successivi al 1930, hanno recentemente costituito l’oggetto di due diversi interventi, condotti con fondi regionali e della Comunità Economica Europea, nell’ambito del P. O. R. Campania 2000-2006, che hanno permesso di portare a termine l’esproprio delle quinte est e ovest della "Necropoli di S. Vito", da sempre parzialmente in vista, almeno nei livelli a quota stradale moderna, la cui realizzazione ha comportato l’obliterazione di buona parte del prospetto dei mausolei, insieme alla strada antica.

         Gli scavi si sono concentrati nella stecca che sorge sul lato orientale della strada, dove sorgevano gli edifici più monumentali, permettendo di chiarire che gli edifici che la compongono non appartengono alla fase iniziale del complesso, caratterizzata da ambienti per lo più in sola opera reticolata e presenti all'estremità est, mentre gli edifici più recenti, ubicati nella parte nord,  mostrano la presenza di elaborati prospetti in opera laterizia, con finte porte e finestre riquadrate da lesene.

        Lo scavo ha dimostrato che gli edifici si sviluppano non solo sui due livelli sinora noti, ma anche su tre, collegati da scalinate: gli ambienti funerari sono per lo più quelli ipogei, con assoluta prevalenza del tipo a colombario, mentre ai livelli superiori si trovano ambienti per le cerimonie funebri, e forse anche tabernae e deversoria, a giudicare almeno dal numero degli ambienti destinati a culinae, che conservano il loro bancone, ed i pozzi collegati a piccole cisterne.

         In qualche caso la destinazione a cucina è avvenuta in una fase successiva all'impianto originario dell'edificio, come in uno degli edifici più interessanti della necropoli, dove la cucina appare ricavata sull'originario solaio, costituito da una terrazza cinta da un muro in opera reticolata.

          La presenza di cucine ricavate in monumenti funerari, peraltro attestata da iscrizioni funerarie dal territorio di Suessa, elemento che differenzia la necropoli di S. Vito dalle altre necropoli puteolane, può forse spiegarsi con la maggiore distanza di questa necropoli dal centro abitato.

           Una ulteriore conferma della continuità d'uso delle strutture è del resto fornita dalle numerose formae rinvenute, ancorché sconvolte da scavatori clandestini come dai lavori agricoli, tanto sui pavimenti dei livelli superiori quanto ai livelli inferiori, dove le tombe hanno in qualche caso distrutto anche il precedente piano di calpestio a mosaico.